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Progetto “FUGHE FORZATE”

18 Giugno, 2019

PROGETTO FUGHE FORZATE E DIVIETI DI ACCESSO – All’origine della filiera della migrazione punto di partenza e di ritorno fallimentare delle nuove generazioni senegalesi e maliane.

Chi sono gli uomini, le donne e i ragazzi che quotidianamente incontriamo per la strada riconoscendoli di primo acchito come stranieri e che sempre più sovente ci vengono presentate dai media e dalle propagande politiche come estranei e “invasori”?

Le immagini crude e impietose della loro disperazione durante i soccorsi in mare, quelle ancora più crude e oscene delle torture che subiscono nei campi di concentramento in Libia, quando queste persone sono riuscite ad arrivarci, scampando al deserto che molte ne trasforma in statue di sabbia. O le immagini altrettanto strazianti dei loro corpi ammassati sulle rive del Mediterraneo, o sul fondo del mare, dopo i naufragi delle loro imbarcazioni di fortuna pagate a caro prezzo agli scafisti. Sono giovani uomini, donne, e tanti adolescenti e bambini. Ma cosa li spinge soggettivamente ad affrontare un viaggio così pericoloso e disumanizzante?

Allo stesso modo ci siamo chiesti che tipo di umano fabbrica il sistema di accoglienza italiano, che è il riflesso di politiche della “fortezza Europa”, sia tra le persone accolte che tra gli “operatori” che hanno l’onere di rendere operative queste politiche?

Per rispondere a questi e ad altri interrogativi abbiamo cercato di far interagire tra loro alcune esperienze che stavamo già realizzando tra l’Italia, il Senegal e il Mali per creare un dialogo a più voci che ci permettesse di ricostruire, almeno idealmente, un ponte tra i luoghi e le persone che li abitano.

Il risultato è diventato un progetto di ricerca-azione e formazione che abbiamo chiamato “Fughe forzate”. La reiterazione del concetto di forzatura nello scappare, nel cercare di mettersi in salvo, intendeva porre l’accento sul dramma vissuto da alcune persone nate nella parte “sbagliata” del Mondo, dramma che non può che diventare nostro, quando entriamo in relazione con loro. Prima di partire la maggior parte di loro mette in conto la possibilità che il viaggio le porti verso la morte, quello che nessuna riesce a immaginare è invece il processo di disumanizzazione al quale le varie tappe dello stesso impone loro. Nell’ultima di queste tappe c’è la società che dovrebbe accoglierle e, anche qui, trappole del sistema di accoglienza svilenti la condizione umana non mancano.

Per approfondire, potete leggere il rapporto di realizzazione del progetto.

Per chi avesse domande specifiche rispetto a quello che abbiamo fatto, che non trovano risposta nel programma di attività, potete contattarci scrivendo all’associazione. Buona lettura